1971-1991: Dal compromesso storico alla fine del Pci


L’avanzata elettorale
Tessera Pci 1971
Nel 1973 Enrico Berlinguer, diventato segretario l’anno prima al posto di Longo, delineò la strategia del compromesso storico che caratterizzò la politica del Pci fino alla morte di Aldo Moro.

Lo spostamento dell’orientamento della popolazione su posizioni più avanzate e progressiste venne evidenziato dai risultati del referendum sul divorzio.

Il 12 maggio del 1974 si svolse il primo referendum per abrogare la legge sul divorzio. La legge venne confermata con la vittoria dei “no” che raggiunsero il 59,3% dei voti. In provincia di Padova i “sì” ottennero il 55,9%, mentre nel comune capoluogo vinsero i “no” con il 57%. Il dato confermò che in città i valori laici erano più diffusi che in provincia e che anche nel mondo cattolico si stavano affermando posizioni meno intransigenti.

Il 17 giugno 1974 a Padova le Brigate Rosse assassinarono per la prima volta due persone nella sede del Msi in via Zabarella: Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. Iniziò così la stagione più sanguinaria del terrorismo rosso che ebbe a Padova uno dei maggiori centri strategici ed operativi.

La generazione delle persone nate negli anni ’50 espresse un orientamento politico favorevole al Pci e alle forze di sinistra particolarmente evidente nelle elezioni politiche del 1972 e del 1976 e nelle amministrative del 1975. Tra i fattori che influenzarono lo spostamento a sinistra ci furono le mobilitazioni operaie e studentesche iniziate alla fine degli anni ’60, e l’estensione della maggiore età e del diritto di voto ai diciottenni, che votarono per la prima volta nel 1975.

Il voto a sinistra di questa generazione aveva motivazioni molto diverse da quelle delle generazioni precedenti. La società italiana, soprattutto nelle aree urbane del centro nord, dove i successi elettorali delle sinistre furono maggiori, era uscita dallo stato di povertà e arretratezza del dopoguerra e, sulla spinta del boom economico, aveva raggiunto una situazione di benessere diffuso. Le condizioni di vita erano migliorate, il numero degli studenti era cresciuto. Si erano diffuse posizioni individualiste, massimaliste ed estremiste e una concezione negativa dello Stato e delle istituzioni che negli anni successivi avrebbero condizionato in profondità la società italiana.

I fattori che favorirono una crescita del Pci furono: la fine del collateralismo cattolico, la confluenza con il Psiup, che aveva sottratto quadri ma non voti al Psi, l’autonomia dell’Azione cattolica dalla Dc, la strategia del compromesso storico, l’ingresso didirigenti del movimento studentesco e della nuova sinistra. Il successo elettorale alle amministrative del 1975 impegnò diversi esponenti del Pci negli enti locali e determinò la loro sostituzione con nuovi quadri provenienti da mondi diversi, in particolare dai gruppi dell’estrema sinistra. In questo modo il Pci aumentò il peso politico ma si espose al rischio di importare fattori di tensione e di disomogeneità rispetto alle generazioni precedenti.

All’inizio del 1975 si svolse il XVI congresso provinciale che registrò una partecipazione enorme e determinò il cambiamento di metà degli organismi dirigenti con l’ingresso di moltissimi giovani. Franco Longo diventò segretario al posto di Papalia con una nuova segreteria composta da Armano, Menon, Zaggia, Zancanaro, Girardi e Zanonato.

Nelle elezioni amministrative del 1975 il Pci aumentò i voti conquistando il governo di numerosi comuni. L’anno dopo alle elezioni politiche il successo comunista fu rafforzato con il 34,4% dei voti a livello nazionale e il 22,7% in provincia.

Negli anni Settanta la crescita elettorale delPartito fu accompagnata dal successo crescente delle feste de l’Unità che, oltre ad essere un momento ricreativo di propaganda politica, diventarono un importante occasione di autofinanziamento e di raccolta trasparente di risorse economiche.

Dal 1973 la festa provinciale iniziò a svolgersi in Prato della Valle nel mese di settembre e diventò un appuntamento centrale nella vita della federazione, impegnando centinaia di militanti volontari che lavoravano gratuitamente per allestire, gestire e smontare gli stand, ospitando dibattiti e mostre di grande livello politico e culturale, e rappresentando un’entrata rilevante per i bilanci del partito.

La vittoria comunista del 1976 aprì la stagione della solidarietà nazionale e delle larghe intese durante la quale a livello nazionale e locale il Pci sostenne maggioranze della Dc concertando la programmazione e gli interventi amministrativi.

 

La lotta per la democrazia e contro il terrorismo

Tono  Zancanaro, "Festa de L'Unità",
litografia (collez. C.S.E.L.)
Nel febbraio 1977, dopo l’aggressione degli autonomi al comizio del segretario generale della Cgil, Luciano Lama, all’Università di Roma, il Pci per primo colse i rapporti tra Autonomia operaia, Brigate rosse e Prima linea e individuò nelle loro relazioni dialettiche il partito della lotta armata.

Si aprì la stagione tragica del terrorismo di sinistra che ebbe a Padova uno dei centri promotori principali a causa della presenza di Autonomia operaia. Soltanto tra il 1977 e il 1979 a Padova furono denunciati 708 atti di violenza eversiva: 447 attentati, 132 aggressioni a persone, 129 tra rapine e devastazioni. In Veneto e a Padova il partito armato praticò l’illegalità di massa e il terrorismo con modalità sempre più aggressive: organizzò attentati simultanei contro diversi obiettivi, le “notti dei fuochi”, sparò a diversi giornalisti e professori universitari, picchiò docenti e sindacalisti.

Il 16 marzo del 1978 in via Fani a Roma le Br rapirono Aldo Moro, presidente della Dc e principale sostenitore dell’intesa tra il suo partito e il Pci, e uccisero i 5 uomini della scorta. La strage avvenne poche ore prima dell’inizio del dibattito parlamentare sulla fiducia al nuovo governo che, per la prima volta dal 1947, poteva contare sui voti comunisti.

L’assassinio di Moro cambiò il quadro politico e senza il leader democristiano i rapporti tra Dc e Pci si logorarono segnando la fine dei governi di solidarietà nazionale e del compromesso storico.

Il 24 gennaio 1979 a Genova le Br assassinarono Guido Rossa, operaio, delegato sindacale dell’Italsider, iscritto al Pci. Rossa venne ucciso perché tre mesi prima aveva denunciato e fatto arrestare Francesco Berardi, un brigatista attivo nella sua azienda. In occasione del XV congresso nel marzo del 1979 Berlinguer rivolse un appello a tutti i cittadini che dovevano impegnarsi in modo attivo e in prima persona nella lotta contro il terrorismo. Bisognava attivarsi “spezzando ogni rete di omertà, ogni spirito di indifferenza, di opportunismo, di paura”. Nella lotta contro il terrorismo il partito comunista fu determinante per avvicinare i cittadini allo Stato, organizzò il sostegno e la collaborazione della popolazione verso giudici e polizia e tutelò l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

Nel febbraio del 1979 al XVIII congresso provinciale Longo ribadì la linea del Pci di Padova di impegno diretto per isolare e contrastare il terrorismo. Il segretario rivendicò le iniziative assunte dal partito padovano conto Autonomia operaia e invitò le altre forze politiche democratiche e i sindacati confederali ad unirsi al Pci nella mobilitazione per difendere le istituzioni dagli attacchi del partito armato.

Manifesto per la liberazione
e l’indipendenza del Vietnam, anni '70
Il Pci di Padova si impegnò a fondo contro il terrorismo. La federazione intraprese una scrupolosa attività nei luoghi di lavoro e all’Università con cinque caratteristiche: mobilitazione popolare in difesa delle istituzioni, orientamento politico e culturale in senso democratico, isolamento e individuazione degli estremisti violenti e dei terroristi, protezione dei dirigenti minacciati e delle manifestazioni pubbliche, attraverso un servizio d’ordine, collaborazione e sostegno delle forze di polizia e della magistratura. Queste attività furono promosse e coordinate da una struttura presente in tutte le principali federazioni, la Sezione problemi dello Stato, diretta a livello nazionale da Ugo Pecchioli. I comunisti diventarono il punto di riferimento per molti docenti e cittadini che volevano contrastare la violenza e il terrorismo, conquistando credibilità e autorevolezza. Il Pci di Padova venne indicato come esempio da seguire durante il XV congresso nazionale e dal segretario Berlinguer.

Nell’aprile del 1979, dopo l’avvio a Padova, grazie al lavoro del sostituto procuratore Pietro Calogero, delle indagini su Autonomia e sul partito armato, che contribuirono in modo decisivo a sconfiggere il terrorismo, a sinistra si pose la questione del garantismo e il Pci venne criticato per avere promosso per via giudiziaria la repressione dell’opposizione al compromesso storico. I giudici furono accusati di avere costruito una montatura senza prove concrete per perseguire reati d’opinione. Pecchioli rispose alle critiche definendo l’inchiesta di Padova il primo duro colpo contro il terrorismo, sostenne il lavoro dei giudici di Padova e spiegò che i capi dell’Autonomia padovana erano stati anche i dirigenti e gli istigatori di concrete attività criminose pubblicamente proclamate e puntualmente svolte.

 

Alternativa democratica e orgoglio identitario

Dopo le elezioni del 1979 il Pci, che era uscito dalla maggioranza di governo già nel gennaio di quell’anno, prese atto della conclusione della stagione della solidarietà nazionale e abbandonò definitivamente la strategia del compromesso storico lanciando nel novembre del 1980 la proposta dell’alternativa democratica: la costruzione di un’alleanza tra le forze democratiche per formare un governo alternativo alla Dc e in grado di approvare le riforme necessarie a salvare il Paese.

Manifesto Congresso Prov 1971
In realtà dai primi anni ’80 iniziarono a manifestarsi le difficoltà che condussero alla crisi del comunismo e del Pci: i profondi cambiamenti intervenuti nel sistema produttivo italiano; la trasformazione del capitalismo legata all’introduzione della robotica e dell’informatica; la stagnazione dell’economia dell’Urss e il collasso progressivo dei paesi socialisti, attraversati da movimenti politici che chiedevano maggiori aperture democratiche. Il gruppo dirigente del Pci intuì la crisi in corso in Urss e negli altri paesi del blocco sovietico e cercò senza successo di costruire una prospettiva di riforma attraverso l’eurocomunismo; inoltre comprese che gli strumenti interni di analisi e conoscenza della società erano entrati in crisi e non erano più in grado di interpretare in modo adeguato la realtà. Dal 1980 il Pci perse tra i 30 e i 40 mila iscritti all’anno, ridusse il numero di reclutati con un invecchiamento progressivo. Nel 1988 soltanto il 2,1% degli iscritti aveva meno di 25 anni. Da un’indagine svolta al congresso nazionale del 1983 emersero le differenze tra i percorsi di militanza dei delegati. L’85,8% dei delegati iscritti tra il 1949 e il 1959 si era formato nella Fgci. Il dato cambiava radicalmente in pochi anni. Il 51,7% dei delegati iscritti tra il 1970 e il 1974 si era formato nei movimenti studenteschi, compresi i gruppi extraparlamentari. Tra i delegati e i dirigenti arrivati dopo il 1970 veniva assegnata importanza prioritaria allo spirito di iniziativa politica, alla capacità di elaborazione originale e all’affermazione personale, mentre nelle generazioni precedenti prevaleva il peso del comportamento morale irreprensibile e l’applicazione rigorosa della linea del partito.

Il partito padovano affrontò la nuova strategia dell’alternativa democratica nel XIX congresso provinciale nel febbraio del 1983. Longo rivendicò l’attività della federazione contro il terrorismo e denunciò con un’intuizione originale la presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso, in particolare nella zona tra Padova e Venezia, che stava condizionando il mercato e l’economia locali con investimenti di risorse provenienti dal traffico di stupefacenti. Al termine del congresso Zanonato venne eletto segretario provinciale. Alle elezioni politiche di giugno il Pci perse voti anche in provincia di Padova fermandosi al 20,4% ed elesse deputata per la prima volta una donna indicata dalla federazione: Milvia Boselli, confermando una presenza attiva e ormai radicata nel mondo femminile.

Il 7 giugno 1984 Berlinguer fu colpito da un ictus durante un comizio in piazza della Frutta a Padova e rimase ricoverato in ospedale fino alla morte, avvenuta l’11 giugno. In quei giorni vennero a far visita a Berlinguer tutte le principali cariche dello Stato. Il Pci di Padova organizzò con grande efficienza la vigilanza al reparto dove era ricoverato il segretario e l’accoglienza degli ospiti. L’avvenimento suscitò emozione in città e in tutta Italia. La stima e l’apprezzamento verso il segretario comunista furono evidenziati dal successo elettorale del partito alle elezioni europee del 17 giugno.

Manifesto contro il terrorismo, anni '70

Nel 1985 il Pci, privato del suo carismatico segretario Berlinguer, subì una pesante sconfitta nel referendum per abrogare il decreto legge che congelava il meccanismo della scala mobile. I successivi tentativi di rinnovare il partito, in particolare nel congresso del 1989, furono superati dagli avvenimenti internazionali fino allo scioglimento e alla nascita del Pds nel 1991.

La fine del Pci fu determinata da diversi fattori: la conclusione della guerra fredda, il crollo dell’Urss e dei paesi socialisti europei, la crisi del sistema politico italiano, fondato su bipartitismo imperfetto, proporzionalismo, assenza di alternanza di governo. La caduta del socialismo reale privò i comunisti italiani di identità e ancoraggio di appartenenza.

Per comprendere meglio la crisi del Pci, oltre al deterioramento progressivo della situazione dell’Urss e del movimento comunista internazionale, può essere utile individuare alcuni fattori interni al sistema politico italiano evidenti dalla seconda metà degli anni ‘70: i processi di secolarizzazione; l’aumento dello spazio individuale e la differenziazione di ruoli e status dei gruppi sociali; la proliferazione di movimenti sociali di natura diversa; la sostituzione del conflitto per la distribuzione del reddito con il conflitto per valori e opzioni di principio. In particolare dai primi anni ’80 lo sviluppo dello stato sociale e l’aumento della spesa pubblica favorirono la trasformazione dei partiti da strumento di identificazione e di socializzazione in luoghi di aggregazione di interessi. I partiti aumentarono il potere di selezione e di destinazione delle risorse pubbliche, diminuirono la capacità di rappresentanza di interessi sociali.

Il Pci cercò di affrontare la crisi politica sempre più acuta a livello nazionale e internazionale con una notevole sforzo organizzativo e di apertura della federazione verso la città. In particolare venne rafforzata l’opposizione all’amministrazione comunale che era sempre più condizionata da ricatti e scontri legati alla diffusione dei fenomeni corruttivi che furono poi portati alla luce dall’autorità giudiziaria a partire dal 1992.

B. Schio, “Comizio di Berlinguer a Padova” 
olio su tela (collez. Fondazione Nuova Società)

Nell’estate del 1987 il segretario nazionale Alessandro Natta, colpito da un malore, venne sostituito da Achille Occhetto. Il XVIII congresso nazionale del marzo 1988 approvò la piattaforma politica innovativa proposta da Occhetto per costruire il “nuovo Pci”: una moderna forza riformatrice, legata ai valori della Rivoluzione francese e delle democrazie liberali.

Nell’ottobre del 1989 Zanonato venne chiamato a ricoprire il ruolo nazionale di responsabile del settore immigrazione-emigrazione. Dopo un lungo dibattito, caratterizzato da divisioni e polemiche interne, Giorgio Roverato fu eletto segretario con un solo voto di vantaggio su Luciano Gallinaro.

 Dal Pci al Pds

Il 9 novembre del 1989 venne abbattuto il muro di Berlino e iniziò il rapido collasso dei governi e dei partiti comunisti del Paesi dell’Europa orientale. Il 12 novembre Occhetto dichiarò il fallimento dell’esperienza comunista e annunciò la necessità per il Pci di cambiare tutto: nome, simbolo, ideologia, riferimenti culturali.

La proposta di Occhetto di avviare una fase costituente per superare l’esperienza del Partito comunista e dare vita al Partito Democratico della Sinistra, fu contrastata da due mozioni sostenute, una da Natta, Chiarante, Ingrao, e Tortorella e l’altra da Cossutta, e fu al centro del XIX congresso nazionale del Pci.

A Padova la proposta di Occhetto venne approvata dal 68,3% degli iscritti; la mozione di Natta prese il 31,7% dei voti, quella di Cossutta il 3,6%.

Nel febbraio del 1990 Roverato venne sostituito da Elio Armano che cercò di ricomporre le divisioni emerse in occasione dell’elezione del predecessore e le fratture aperte dal dibattito congressuale.

T. Zancanaro, "Tante vite, tante
storie", litografia(collez. C.S.E.L.)

Tra il gennaio e il febbraio del 1991 il XX congresso nazionale del Pci concluse la fase costituente con la nascita del Pds.

A Padova la mozione favorevole alla nascita del Pds raccolse il 72,1% dei voti; la mozione “per la rifondazione comunista”, sostenuta da Natta, Ingrao, Cossutta e altri, prese il 25,3%; quella “per un moderno partito antagonista”, firmata da Bassolino e altri, si fermò al 2,6%. 

Il ruolo importante del Pci nella storia di Padova venne riconosciuto negli anni immediatamente successivi allo scioglimento.

Infatti in seguito alle elezioni politiche del 1992, le prime senza il Pci, la situazione politica cambiò rapidamente per diversi elementi: la crisi economica accentuata dalla crescita del debito pubblico, la conclusione dell’alleanza di pentapartito che comprendeva le forze al governo nazionale e locale, Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli, la scoperta di un sistema di corruzione che coinvolgeva in profondità i partiti di maggioranza e le principali imprese. Le modifiche del quadro politico determinarono anche a Padova, come in molte altre realtà, l’ingresso del Pds, nato dopo lo scioglimento del Pci, nelle amministrazioni comunali della città e di numerosi comuni della provincia. Nel 1993, dopo continue dimissioni di assessori colpiti da provvedimenti giudiziari, Zanonato, segretario provinciale del Pci fino al 1989, diventò il primo sindaco non democristiano dal 1948. Questa situazione costituì l’occasione per far emergere e concretizzare il patrimonio di idee, di attività e di rapporti sociali costruito dai comunisti padovani negli anni precedenti.

Manifesto "Vota Comunista",
anni '80
Nelle elezioni amministrative del 1995, svolte con il nuovo sistema dell’elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini, si manifestarono la forza e la profondità del radicamento dell’organizzazione e della cultura politica del Pci in città. In modo clamoroso, e nonostante una campagna che ricorse ai toni e ai contenuti dell’anticomunismo, Zanonato venne eletto sindaco al ballottaggio con un ampio vantaggio rispetto al favorito Francesco Gentile e il Pds diventò il primo partito.

Alla base del risultato, oltre alle doti personali e al rigore amministrativo dimostrati dal candidato durante l’esperienza di governo, ci furono alcuni elementi che avevano caratterizzato l’impostazione dell’azione dei comunisti padovani: presenza organizzata, in particolare tra i ceti sociali più deboli e tra i lavoratori dipendenti, relazioni solide con i sindacati confederali e con le categorie economiche del lavoro autonomo, unità dei gruppi dirigenti, volontà di cambiamento e di rottura con le ultime giunte locali, contraddistinte dall’immobilismo e dalla corruzione, proposta programmatica chiara e pragmatica sui temi amministrativi, apertura al confronto e al dialogo con l’associazionismo cattolico, attenzione verso il mondo della scuola, dell’università e della ricerca scientifica.

(testo di A. Naccarato)

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