vai a
![]() |
Tessera Pci 1971 |
Lo spostamento dell’orientamento della popolazione su posizioni
più avanzate e progressiste venne evidenziato dai risultati del referendum sul
divorzio.
Il 12 maggio del 1974 si svolse il primo referendum per abrogare la legge sul divorzio. La legge venne confermata con la vittoria dei “no” che raggiunsero
il 59,3% dei voti. In provincia di Padova i “sì” ottennero il 55,9%, mentre nel
comune capoluogo vinsero i “no” con il 57%. Il dato confermò che in città i
valori laici erano più diffusi che in provincia e che anche nel mondo cattolico
si stavano affermando posizioni meno intransigenti.
Il 17 giugno
1974 a Padova le Brigate Rosse assassinarono per la prima volta due persone
nella sede del Msi in via Zabarella: Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci.
Iniziò così la stagione più sanguinaria del terrorismo rosso che ebbe a Padova
uno dei maggiori centri strategici ed operativi.
La
generazione delle persone nate negli anni ’50 espresse un orientamento politico
favorevole al Pci e alle forze di sinistra particolarmente evidente nelle
elezioni politiche del 1972 e del 1976 e nelle amministrative del 1975. Tra i
fattori che influenzarono lo spostamento a sinistra ci furono le mobilitazioni
operaie e studentesche iniziate alla fine degli anni ’60, e l’estensione della
maggiore età e del diritto di voto ai diciottenni, che votarono per la prima
volta nel 1975.
Il voto a
sinistra di questa generazione aveva motivazioni molto diverse da quelle delle
generazioni precedenti. La società italiana, soprattutto nelle aree urbane del
centro nord, dove i successi elettorali delle sinistre furono maggiori, era
uscita dallo stato di povertà e arretratezza del dopoguerra e, sulla spinta del
boom economico, aveva raggiunto una situazione di benessere diffuso. Le
condizioni di vita erano migliorate, il numero degli studenti era cresciuto. Si
erano diffuse posizioni individualiste, massimaliste ed estremiste e una
concezione negativa dello Stato e delle istituzioni che negli anni successivi
avrebbero condizionato in profondità la società italiana.
I fattori che
favorirono una crescita del Pci furono: la fine del collateralismo cattolico,
la confluenza con il Psiup, che aveva sottratto quadri ma non voti al Psi,
l’autonomia dell’Azione cattolica dalla Dc, la strategia del compromesso
storico, l’ingresso didirigenti del movimento studentesco e della nuova sinistra.
Il successo elettorale alle amministrative del 1975 impegnò diversi esponenti
del Pci negli enti locali e determinò la loro sostituzione con nuovi quadri
provenienti da mondi diversi, in particolare dai gruppi dell’estrema sinistra.
In questo modo il Pci aumentò il peso politico ma si espose al rischio di
importare fattori di tensione e di disomogeneità rispetto alle generazioni
precedenti.
All’inizio
del 1975 si svolse il XVI congresso provinciale che registrò una partecipazione
enorme e determinò il cambiamento di metà degli organismi dirigenti con
l’ingresso di moltissimi giovani. Franco Longo diventò segretario al posto di
Papalia con una nuova segreteria composta da Armano, Menon, Zaggia, Zancanaro,
Girardi e Zanonato.
Nelle
elezioni amministrative del 1975 il Pci aumentò i voti conquistando il governo
di numerosi comuni. L’anno dopo alle elezioni politiche il successo comunista
fu rafforzato con il 34,4% dei voti a livello nazionale e il 22,7% in
provincia.
Negli anni
Settanta la crescita elettorale delPartito fu accompagnata dal successo crescente
delle feste de l’Unità che, oltre ad essere un momento ricreativo di propaganda
politica, diventarono un importante occasione di autofinanziamento e di
raccolta trasparente di risorse economiche.
Dal 1973 la
festa provinciale iniziò a svolgersi in Prato della Valle nel mese di settembre
e diventò un appuntamento centrale nella vita della federazione, impegnando
centinaia di militanti volontari che lavoravano gratuitamente per allestire,
gestire e smontare gli stand, ospitando dibattiti e mostre di grande livello
politico e culturale, e rappresentando un’entrata rilevante per i bilanci del
partito.
La vittoria
comunista del 1976 aprì la stagione della solidarietà nazionale e delle larghe
intese durante la quale a livello nazionale e locale il Pci sostenne
maggioranze della Dc concertando la programmazione e gli interventi
amministrativi.
La lotta per
la democrazia e contro il terrorismo
![]() |
Tono Zancanaro, "Festa de L'Unità", litografia (collez. C.S.E.L.) |
Si aprì la
stagione tragica del terrorismo di sinistra che ebbe a Padova uno dei centri
promotori principali a causa della presenza di Autonomia operaia. Soltanto tra
il 1977 e il 1979 a Padova furono denunciati 708 atti di violenza eversiva: 447
attentati, 132 aggressioni a persone, 129 tra rapine e devastazioni. In Veneto e a Padova il partito armato
praticò l’illegalità di massa e il terrorismo con modalità sempre più
aggressive: organizzò attentati simultanei contro diversi obiettivi, le “notti
dei fuochi”, sparò a diversi giornalisti e professori universitari, picchiò
docenti e sindacalisti.
Il 16 marzo del 1978 in via Fani a Roma le Br rapirono Aldo Moro,
presidente della Dc e principale sostenitore dell’intesa tra il suo partito e
il Pci, e uccisero i 5 uomini della scorta. La strage avvenne poche ore prima
dell’inizio del dibattito parlamentare sulla fiducia al nuovo governo che, per
la prima volta dal 1947, poteva contare sui voti comunisti.
L’assassinio
di Moro cambiò il quadro politico e senza il leader democristiano i rapporti
tra Dc e Pci si logorarono segnando la fine dei governi di solidarietà
nazionale e del compromesso storico.
Il 24 gennaio
1979 a Genova le Br assassinarono Guido Rossa, operaio, delegato sindacale
dell’Italsider, iscritto al Pci. Rossa venne ucciso perché tre mesi prima aveva
denunciato e fatto arrestare Francesco Berardi, un brigatista attivo nella sua
azienda. In occasione del XV congresso nel marzo del 1979 Berlinguer rivolse un
appello a tutti i cittadini che dovevano impegnarsi in modo attivo e in prima
persona nella lotta contro il terrorismo. Bisognava attivarsi “spezzando ogni
rete di omertà, ogni spirito di indifferenza, di opportunismo, di paura”. Nella
lotta contro il terrorismo il partito comunista fu determinante per avvicinare
i cittadini allo Stato, organizzò il sostegno e la collaborazione della
popolazione verso giudici e polizia e tutelò l’autonomia e l’indipendenza della
magistratura.
Nel febbraio del 1979 al XVIII congresso provinciale Longo ribadì
la linea del Pci di Padova di impegno diretto per isolare e contrastare il
terrorismo. Il segretario rivendicò le iniziative assunte dal partito padovano
conto Autonomia operaia e invitò le altre forze politiche democratiche e i
sindacati confederali ad unirsi al Pci nella mobilitazione per difendere le
istituzioni dagli attacchi del partito armato.
![]() |
Manifesto
per la liberazione e l’indipendenza del Vietnam, anni '70 |
Nell’aprile
del 1979, dopo l’avvio a Padova, grazie al lavoro del sostituto procuratore
Pietro Calogero, delle indagini su Autonomia e sul partito armato, che
contribuirono in modo decisivo a sconfiggere il terrorismo, a sinistra si pose
la questione del garantismo e il Pci venne criticato per avere promosso per via
giudiziaria la repressione dell’opposizione al compromesso storico. I giudici
furono accusati di avere costruito una montatura senza prove concrete per
perseguire reati d’opinione. Pecchioli rispose alle critiche definendo l’inchiesta
di Padova il primo duro colpo contro il terrorismo, sostenne il lavoro dei
giudici di Padova e spiegò che i capi dell’Autonomia padovana erano stati anche
i dirigenti e gli istigatori di concrete attività criminose pubblicamente
proclamate e puntualmente svolte.
Alternativa democratica e orgoglio
identitario
Dopo le elezioni del 1979 il Pci, che era uscito dalla maggioranza
di governo già nel gennaio di quell’anno, prese atto della conclusione della
stagione della solidarietà nazionale e abbandonò definitivamente la strategia
del compromesso storico lanciando nel novembre del 1980 la proposta
dell’alternativa democratica: la costruzione di un’alleanza tra le forze
democratiche per formare un governo alternativo alla Dc e in grado di approvare
le riforme necessarie a salvare il Paese.
![]() |
Manifesto Congresso Prov 1971 |
Il partito padovano affrontò la nuova strategia dell’alternativa
democratica nel XIX congresso provinciale nel febbraio del 1983. Longo
rivendicò l’attività della federazione contro il terrorismo e denunciò con
un’intuizione originale la presenza della criminalità organizzata di stampo
mafioso, in particolare nella zona tra Padova e Venezia, che stava
condizionando il mercato e l’economia locali con investimenti di risorse
provenienti dal traffico di stupefacenti. Al termine del congresso Zanonato
venne eletto segretario provinciale. Alle elezioni politiche di giugno il Pci
perse voti anche in provincia di Padova fermandosi al 20,4% ed elesse deputata
per la prima volta una donna indicata dalla federazione: Milvia Boselli,
confermando una presenza attiva e ormai radicata nel mondo femminile.
Il 7 giugno
1984 Berlinguer fu colpito da un ictus durante un comizio in piazza della
Frutta a Padova e rimase ricoverato in ospedale fino alla morte, avvenuta l’11
giugno. In quei giorni vennero a far visita a Berlinguer tutte le principali
cariche dello Stato. Il Pci di Padova organizzò con grande efficienza la
vigilanza al reparto dove era ricoverato il segretario e l’accoglienza degli
ospiti. L’avvenimento suscitò emozione in città e in tutta Italia. La stima e
l’apprezzamento verso il segretario comunista furono evidenziati dal successo
elettorale del partito alle elezioni europee del 17 giugno.
Manifesto contro il terrorismo, anni '70 |
Nel 1985 il
Pci, privato del suo carismatico segretario Berlinguer, subì una pesante
sconfitta nel referendum per abrogare il decreto legge che congelava il
meccanismo della scala mobile. I successivi tentativi di rinnovare il partito,
in particolare nel congresso del 1989, furono superati dagli avvenimenti
internazionali fino allo scioglimento e alla nascita del Pds nel 1991.
La fine del
Pci fu determinata da diversi fattori: la conclusione della guerra fredda, il
crollo dell’Urss e dei paesi socialisti europei, la crisi del sistema politico
italiano, fondato su bipartitismo imperfetto, proporzionalismo, assenza di
alternanza di governo. La caduta del socialismo reale privò i comunisti
italiani di identità e ancoraggio di appartenenza.
Per
comprendere meglio la crisi del Pci, oltre al deterioramento progressivo della
situazione dell’Urss e del movimento comunista internazionale, può essere utile
individuare alcuni fattori interni al sistema politico italiano evidenti dalla
seconda metà degli anni ‘70: i processi di secolarizzazione; l’aumento dello
spazio individuale e la differenziazione di ruoli e status dei gruppi sociali;
la proliferazione di movimenti sociali di natura diversa; la sostituzione del
conflitto per la distribuzione del reddito con il conflitto per valori e
opzioni di principio. In particolare dai primi anni ’80 lo sviluppo dello stato
sociale e l’aumento della spesa pubblica favorirono la trasformazione dei
partiti da strumento di identificazione e di socializzazione in luoghi di
aggregazione di interessi. I partiti aumentarono il potere di selezione e di
destinazione delle risorse pubbliche, diminuirono la capacità di rappresentanza
di interessi sociali.
Il Pci cercò
di affrontare la crisi politica sempre più acuta a livello nazionale e
internazionale con una notevole sforzo organizzativo e di apertura della
federazione verso la città. In particolare venne rafforzata l’opposizione
all’amministrazione comunale che era sempre più condizionata da ricatti e
scontri legati alla diffusione dei fenomeni corruttivi che furono poi portati
alla luce dall’autorità giudiziaria a partire dal 1992.
![]() |
B. Schio, “Comizio di Berlinguer a Padova” |
Nell’estate
del 1987 il segretario nazionale Alessandro Natta, colpito da un malore, venne
sostituito da Achille Occhetto. Il XVIII congresso nazionale del marzo 1988
approvò la piattaforma politica innovativa proposta da Occhetto per costruire
il “nuovo Pci”: una moderna forza riformatrice, legata ai valori della Rivoluzione
francese e delle democrazie liberali.
Nell’ottobre del
1989 Zanonato venne chiamato a ricoprire il ruolo nazionale di responsabile del
settore immigrazione-emigrazione. Dopo un lungo dibattito, caratterizzato da
divisioni e polemiche interne, Giorgio Roverato fu eletto segretario con un
solo voto di vantaggio su Luciano Gallinaro.
Dal Pci al Pds
La proposta
di Occhetto di avviare una fase costituente per superare l’esperienza del
Partito comunista e dare vita al Partito Democratico della Sinistra, fu contrastata
da due mozioni sostenute, una da Natta, Chiarante, Ingrao, e Tortorella e
l’altra da Cossutta, e fu al centro del XIX congresso nazionale del Pci.
A Padova la
proposta di Occhetto venne approvata dal 68,3% degli iscritti; la mozione di
Natta prese il 31,7% dei voti, quella di Cossutta il 3,6%.
Nel febbraio
del 1990 Roverato venne sostituito da Elio Armano che cercò di ricomporre le
divisioni emerse in occasione dell’elezione del predecessore e le fratture
aperte dal dibattito congressuale.
![]() |
T. Zancanaro, "Tante vite, tante storie", litografia(collez. C.S.E.L.) |
Tra il
gennaio e il febbraio del 1991 il XX congresso nazionale del Pci concluse la
fase costituente con la nascita del Pds.
A Padova la mozione favorevole alla nascita del Pds raccolse il 72,1% dei voti; la mozione “per la rifondazione comunista”, sostenuta da Natta, Ingrao, Cossutta e altri, prese il 25,3%; quella “per un moderno partito antagonista”, firmata da Bassolino e altri, si fermò al 2,6%.
Il ruolo importante
del Pci nella storia di Padova venne riconosciuto negli anni immediatamente
successivi allo scioglimento.
Infatti in
seguito alle elezioni politiche del 1992, le prime senza il Pci, la situazione
politica cambiò rapidamente per diversi elementi: la crisi economica accentuata
dalla crescita del debito pubblico, la conclusione dell’alleanza di
pentapartito che comprendeva le forze al governo nazionale e locale, Dc, Psi,
Pri, Psdi e Pli, la scoperta di un sistema di corruzione che coinvolgeva in profondità
i partiti di maggioranza e le principali imprese. Le modifiche del quadro
politico determinarono anche a Padova, come in molte altre realtà, l’ingresso
del Pds, nato dopo lo scioglimento del Pci, nelle amministrazioni comunali
della città e di numerosi comuni della provincia. Nel 1993, dopo continue
dimissioni di assessori colpiti da provvedimenti giudiziari, Zanonato,
segretario provinciale del Pci fino al 1989, diventò il primo sindaco non
democristiano dal 1948. Questa situazione costituì l’occasione per far emergere
e concretizzare il patrimonio di idee, di attività e di rapporti sociali
costruito dai comunisti padovani negli anni precedenti.
![]() |
Manifesto "Vota Comunista", anni '80 |
Alla base del
risultato, oltre alle doti personali e al rigore amministrativo dimostrati dal
candidato durante l’esperienza di governo, ci furono alcuni elementi che
avevano caratterizzato l’impostazione dell’azione dei comunisti padovani:
presenza organizzata, in particolare tra i ceti sociali più deboli e tra i lavoratori
dipendenti, relazioni solide con i sindacati confederali e con le categorie
economiche del lavoro autonomo, unità dei gruppi dirigenti, volontà di
cambiamento e di rottura con le ultime giunte locali, contraddistinte
dall’immobilismo e dalla corruzione, proposta programmatica chiara e pragmatica
sui temi amministrativi, apertura al confronto e al dialogo con
l’associazionismo cattolico, attenzione verso il mondo della scuola,
dell’università e della ricerca scientifica.
(testo di A. Naccarato)
vai a