1943-1945: ll Pci nella Resistenza

Tessera Provvisoria PCI 1945 
Per il Pci la Resistenza fu un’occasione per uscire dal settarismo e dall’isolamento. A Padova il Pci svolse un ruolo determinante a partire dall’azione svolta da Concetto Marchesi come Rettore dell’Università e dal lavoro decisivo nella proclamazione degli scioperi del novembre del 1943 nelle Officine meccaniche della Stanga, di dicembre all’Utita di Este, e della primavera del 1944 alla Breda di Cadoneghe, alla Snia Viscosa e ancora alla Stanga.

Renato Guttuso
“Ritratto di Eugenio Curiel”,
litografia 

Il I° settembre 1943 il governo Badoglio nominò Marchesi rettore dell’Università. Lo stesso giorno uscì il primo numero de “Il Lavoratore”, organo della federazione comunista di Padova. Il giornale, nato da una proposta di Contin e realizzato con il contributo di Turra, fu uno strumento eccezionale di propaganda e di orientamento politico durante la Resistenza e negli anni successivi.

Il 7 settembre arrivò a Padova come nuovo responsabile del partito Gordiano Pacquola, che sostituì Turra, incaricato di organizzare la stampa clandestina.

L’8 settembre nell’abitazione di Marchesi venne costituito il Comitato di liberazione nazionale regionale veneto. Il 10 settembre Padova fu occupata dall’esercito tedesco. Il giorno dopo ci fu la prima azione della Resistenza armata a Padova: un gruppo, composto da Molinari, Zerbetto, Cesare Piselli, Michele Ferrante e Gino Sgarabottolo incendiò la sede del distretto militare per impedire di individuare i renitenti alla leva.

Il 9 novembre, in occasione dell’inaugurazione del 722° anno accademico, Marchesi esplicitò la necessità di opporsi all’occupazione tedesca e al ritorno del fascismo e fu costretto a passare in clandestinità. Prima di lasciare Padova per proseguire la Resistenza da Milano e dalla Svizzera Marchesi divulgò l’appello agli studenti invitandoli a combattere contro il nazifascismo e per riconquistare la libertà.

Il 29 novembre alle Officine Meccaniche della Stanga gli operai scioperarono manifestando contro le condizioni economiche imposte dalla Rsi. Il mese dopo scioperarono gli operai dell’Utita di Este.

A fine dicembre Giuseppe Banchieri sostituì Pacquola, inviato a organizzare le brigate partigiane in montagna, alla guida del partito comunista.

Augusto Murer
“Monumento alla Partigiana”,
bronzo, (collez. Archivio Murer) 

Il Pci di Padova aveva circa mille iscritti ed era diretto da un comitato federale composto da Banchieri, Antonio Nicolé, Furio Da Re, Gastone Passi, responsabile del Fronte della gioventù, l’organizzazione dei giovani antifascisti, diretta a livello nazionale da Curiel. Nel Fronte erano attivi Lucio Jess, Andrea Redetti e Valerio Pennacchi. Gli ultimi due furono arrestati e deportati a Mauthausen.

Augusto Murer
“Monumento al Partigiano”,
bronzo 
(collez. Arch. Murer.) 


Nel 1944, con la svolta di Salerno, che anteponeva la vittoria contro gli invasori nazisti e contro il fascismo alle decisioni sul futuro assetto istituzionale, Togliatti costruì la legittimazione reciproca dei partiti antifascisti e diede un impulso decisivo per assicurare l’unità tra le forze politiche nella guerra di Liberazione. Il Pci svolse un ruolo da protagonista nella Resistenza, e, grazie al sacrificio di migliaia di combattenti e alla politica distensiva e collaborativa di Togliatti, conquistò nuovi iscritti e consensi.

Nel marzo del 1944 gli operai della Stanga e della Breda di Cadoneghe parteciparono allo sciopero nazionale indetto dal Partito comunista che costituì la più grande dimostrazione di massa antinazista nell’Europa occupata. In aprile scioperarono anche gli operai della Snia Viscosa e Maria Zonta, l’organizzatrice comunista della protesta, venne arrestata.

Dal mese di giugno del 1944 le articolazioni della brigata Garibaldi raggiunsero la piena capacità operativa nel padovano e riuscirono a realizzare numerose azioni contro le truppe di occupazione nazista e le milizie della Rsi.

Il comando era costituito dal comandante Rino Gruppioni, da Bancheri, commissario, dal capo di stato maggiore Marcello Braghetta, dal responsabile del servizio informazioni Lionello Geremia e da Schiavon e Turra, responsabili della stampa e della propaganda. Le brigate erano coordinate da Molinari in città, da Benetti nella zona nord, da Antonio Trentin nei Colli, da Luigi Giorio a Monselice, da Zerbetto a Piove di Sacco e da Giuseppe Doralice a Montagnana.

Tono Zancanaro, 
"Il 25 Aprile alle Officine Meccaniche Stanga
litografia a colori ( collez. C.S.E.L.)

Con la costituzione del comando della brigata Garibaldi, dei Gap e delle Sap, il Pci impresse una svolta nella guerra partigiana, diventò la forza principale del movimento di liberazione e il bersaglio delle rappresaglie nazifasciste. Le Sap furono attive nei luoghi di lavoro dove c’era una presenza comunista: nelle ferrovie con Augusto Piovesan, Edoardo Girardi, Marco Ambrosini; alle officine meccaniche della Stanga con Edmondo Bezzati, Mario Marotto; alla Snia Viscosa con Maria Zonta e il dottor Stefano Velo, chimico e assistente all’Università, che aiutava a realizzare le bombe; alle officine Breda di Cadoneghe con Bruno Compagnin, Romeo Zanella, Antonio Bonomi, Angelo Bordin, Urbano Zanella.

Tono Zancanaro, 
"Ritratto di Carla Banchieri"
acquaforte
I Gap furono promossi dalla commissione militare del partito comunista, formata da Zerbetto, Molinari e Anselmo Benetti, che fu il sovrintendente delle prime squadre. I Gap erano composti da un gruppo ristretto di giovani con particolari caratteristiche: coraggio, abilità nell’uso delle armi, sangue freddo, capacità di mimetizzarsi nell’ambiente urbano. Per ragioni di sicurezza determinate dalle condizioni di clandestinità e di guerra non esistono elenchi degli appartenenti ai Gap. Sulla base delle poche fonti disponibili è possibile elencare i nomi soltanto di alcuni gappisti padovani: Bruno Lazzaretto, Guido Franco, Nerone Nalesso, Carlo Pezza, Armando Fruet (Dik), Emilio Giubellini (Falco), Francesco Maschera; Zelter Bonamigo, Beniamino Dainese, Rino Cesaro, Massimo Scalabrin, Anselmo Benetti, Danilo Volpato, Olindo Lazzaro, Luigi Marcon, Ettore Camporese, Bruno Destro, Antonio Valentini, Nini Marinaro, Nino Moetta, Antonio Nicolè, Roberto Favaron, Gastone Foco, Daniele Ghion, Anna Bilato, Anna Giacomini, Bruno Tonello. Molti di questi furono uccisi dai nazifascisti durante la Resistenza, spesso dopo essere stati catturati e torturati. Eroico fu l’esempio di Maschera, arrestato dalle brigate nere e sottoposto a terribili torture, si tagliò la gola per non parlare il primo febbraio del 1945.

La Resistenza organizzò numerose azioni e, oltre ai sabotaggi e agli attentati contro obiettivi strategici, riuscì a sostenere scontri diretti contro i militari nazisti. Da luglio a novembre del 1944 i partigiani colpirono i nazifascisti con 117 atti di sabotaggio e 25 omicidi mirati contro dirigenti fascisti e spie; furono attaccate 5 caserme dei carabinieri e un deposito di automezzi militari; l’esercito tedesco venne impegnato in 4 battaglie in campo aperto; il 21 ottobre in 22 località della provincia furono interrotti i collegamenti elettrici e stradali.

Tono Zancanaro, 
”Insurrezioni operaie del 1943/44” 
litografia  ( collez. C.S.E.L.)

Le formazioni partigiane furono affiancate da un Triumvirato insurrezionale triveneto del Pci composto inizialmente da Aldo Lampredi, Attilio Gombia e Bonomo Tominez. Il Triumvirato aveva il compito di coordinare le attività politiche e militari del partito, avviare la costruzione del partito di massa attraverso un’azione di propaganda e di proselitismo, soprattutto tra i giovani.

La reazione nazifascista fu particolarmente violenta dopo l’insediamento in città della banda Carità, un reparto di polizia della Rsi che ricorse alle rappresaglie e alle torture sistematiche dei partigiani, consumate nella famigerata sede di Palazzo Giusti in via San Francesco. Furono torturati in modo brutale i principali dirigenti comunisti e molti protagonisti della Resistenza: Gombia, Gruppioni, Banchieri e sua sorella Carla, partigiana soprannominata “la tigre” dai tedeschi, che verrà descritta nella poesia La partigiana nuda di Egidio Meneghetti, anch’egli torturato a Palazzo Giusti.

La banda Carità nei mesi successivi uccise Franco Sabatucci, comandante della brigata Garibaldi, e i dirigenti azionisti 

Il 28 aprile Padova venne liberata dai partigiani prima dell’arrivo delle truppe inglesi e dopo scontri durissimi. Il ruolo del Pci è sintetizzato dai riconoscimenti effettuati dalla commissione triveneta: i partigiani furono 8.504, i patrioti 4.908, i morti 573 e i feriti 274. Come appartenenti alla brigata Garibaldi Padova furono riconosciuti 3.687 partigiani, 1.689 patrioti, 376 morti e 95 feriti. Il contributo decisivo dei comunisti alla vittoria contro il nazifascismo venne evidenziato con la nomina di Schiavon a sindaco da parte del Cln.


Antonio Fasan 
“Impiccagione di Busonera, 
acquerello ( collez. C.S.E.L.)
Alla fine del 1944 Bruno Gombi sostituì Banchieri come segretario del Pci e guidò, con la collaborazione di Lampredi, Nicolé, Da Re, Schiavon e Benetti, il partito nella preparazione dell’insurrezione.

Durante la Resistenza furono protagoniste attive numerose donne comuniste con vari ruoli. Alla fine della guerra furono riconosciute 385 partigiane donne, di queste 220 avevano combattuto nelle brigate Garibaldi. Le partigiane comuniste che ricoprirono gli incarichi più rilevanti furono: le componenti del comando della Brigata “Sabatucci” Desanka Belamaric, moglie di Giuseppe Banchieri, Ada Negro, moglie di Lorenzo Foco, Alberta Schiavon, figlia di Giuseppe, Maria Lazzari; Maria Zonta, della Sap della Snia Viscosa; le gappiste Anna Bilato, Nerina Guastalla, Lina Nalin, Tosca Zanella; Anna Giacomini, Vittoria Foco, staffetta, moglie di Giovanni Zerbetto, sorella di Lorenzo; Virginia Broglio, moglie di Molinari, Antonia Zerbetto, sorella di Giovanni; Raffaella Luisari, Paola Biaggioni, Wanda Fontanet,  Tosca e Cesira Tombola, sorelle dei partigiani comunisti di Camin Romeo e Luigi, uccisi rispettivamente nel 1944 e nel 1945

(Testo di A. Naccarato)



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