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Le origini
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Tessera PCd’I 1921 |
Alla fine
della I guerra mondiale aumentarono i conflitti sociali. Nel Psi si
rafforzarono le posizioni favorevoli a seguire l’esempio della vittoriosa
rivoluzione sovietica. Nell’estate e nell’autunno del 1920 ci furono scioperi
diffusi nelle fabbriche e nelle campagne della bassa.
Il 10
novembre del 1920 a Imola si riunì la frazione comunista per organizzare la
scissione dal Psi e la prima raccolta di fondi per il nuovo partito. La lega
dei lavoranti in legno di Padova, su proposta di Giuseppe Schiavon, socialista,
falegname che era diventato segretario della lega, inviò 200 lire. Da quel
momento Schiavon iniziò a preparare la nascita del partito comunista a Padova
cercando di convincere i lavoratori più giovani attivi nel sindacato. In questo
lavoro venne aiutato da alcuni sindacalisti in provincia, in particolare a
Monselice e nella bassa padovana, e da poche persone in città. Il 7 e il 9
dicembre, durante un’assemblea del Psi di Padova, l’ordine del giorno , elaborato dalla frazione comunista, che proponeva “piena e
incondizionata osservanza ai deliberati del II congresso della III
Internazionale di Mosca” e l’espulsione dei riformisti raccolse 14 voti su 350.
Il 21 gennaio
del 1921 a Livorno venne fondato il Partito Comunista d’Italia. Un gruppo di
iscritti al Partito socialista aderì ai 21 punti deliberati l’anno precedente
dal congresso dell’Internazionale comunista e costituì una nuova forza
politica: la sezione italiana della terza Internazionale.
A Padova i
riferimenti del nuovo partito furono il capostazione di Monselice Rino Bertelli
per la provincia e Giuseppe Schiavon per la città.
Secondo
Schiavon i primi militanti erano “tutti con poca cultura ma intrepidi”:
ribelli, motivati dalla volontà di lottare contro le ingiustizie sociali e
delusi dagli errori e dalle passività del Psi.
Il Pcd’I
raccolse i primi aderenti a Padova, in particolare a Voltabarozzo e a Camin, e
nelle zone di Pernumia, Solesino, Monselice, Cittadella, Montagnana, Piove di
Sacco, Abano Terme, Battaglia Terme, Castelbaldo. Venne fondata
l’organizzazione giovanile, Fgci, con un primo gruppo formato da Giulio Contin,
Gustavo Levorin, Loenzo Foco, Giovanni Battista Bertoli, Umberto Giacon di
Cadoneghe, Giovanni Zerbetto dal 1922.
Dal mese di
febbraio le violenze fasciste, appoggiate dalle autorità pubbliche, si estesero
e colpirono soprattutto i comunisti. In aprile i fascisti incendiarono la sede
della Camera del lavoro e colpirono con spedizioni punitive e aggressioni i
capi lega e gli amministratori locali di Abano, Castelbaldo, Masi, Megliadino
San Vitale e Tribano.
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Tono Zancanaro, "La fondazione del Partito, 1921" litografia a colori, (collez. C.S.E.L.) |
Il 15 maggio
del 1921 si svolsero le elezioni politiche in un clima di terrore provocato
dalle violenze sistematiche delle squadre fasciste. A Padova il Pcd’I non
presentò la lista. Il Psi raccolse il 36,1% dei voti in provincia e il 53,7% in
città conquistando la maggioranza assoluta.
Alla fine del
1921 il Pcd’I aveva 136 iscritti in provincia di Padova e 1.151 in Veneto. Per
contrastare le aggressioni fasciste i militanti comunisti cercarono di
stabilire contatti con gli Arditi del popolo, un’organizzazione formata da ex
soldati della I guerra mondiale che riuniva una parte delle forze antifasciste.
Una
manifestazione importante di opposizione al fascismo si svolse a Padova il
primo maggio del 1922, quando si verificarono duri scontri armati tra fascisti
e arditi del popolo appoggiati da iscritti al Pcd’I. Le sparatorie esplosero
perché gli arditi si recarono in via Savonarola, all’altezza della targa commemorativa
di Ugo Cavestro, ucciso dai fascisti mentre affiggeva un manifesto il 29 aprile
1921. Quando i fascisti cercarono di impedire la manifestazione con la
violenza, gli arditi, insieme a militanti comunisti, risposero al fuoco e
misero in fuga gli avversari fino all’arrivo della forza pubblica.
Nel 1922 le
violenze fasciste si intensificarono e il 28 ottobre, in occasione della marcia
su Roma, Padova venne occupata da squadre armate che presidiarono la città e si
accamparono presso la sede della Camera del lavoro in Piazza Petrarca. Il
fascismo si rafforzò grazie al consenso crescente verso una richiesta di ordine
e di stabilità, diffusa in particolare tra i ceti industriali e borghesi urbani
e tra i proprietari terrieri, alle violenze diffuse, accompagnate dalla
generale impunità e dal sostegno aperto delle autorità governative, alla
sostanziale mancanza di opposizione da parte dei socialisti e alla debolezza
dei comunisti.
Nei primi
mesi del 1923 Bordiga venne arrestato insieme a quasi tutti i membri del
comitato centrale comunista, 72 segretari federali e 41 segretari federali
giovanili. La repressione colpì gli iscritti al partito che diminuirono
costantemente: 42.790 nel 1921, 24.622 nel 1922, 8.698 nel 1923, poco più di
5.000 nel 1924. Il gruppo dirigente comunista scelse la strada della
semilegalità per evitare lo scioglimento e continuare l’attività politica in
Italia nonostante i divieti.
L’opposizione
al fascismo iniziò a manifestarsi con crescente difficoltà e attraverso gesti
simbolici che mettevano in grave pericolo gli autori.
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Tessera PCd’I 1922 |
La sera del 5 febbraio del 1924 Schiavon venne brutalmente picchiato da diversi fascisti davanti a casa sua a Voltabarozzo. Per aumentare la sicurezza delle riunioni il partito, tramite un prestanome, in febbraio affittò un immobile in via Calatafimi per tenere incontri e per conservare materiale.
Nonostante le
difficoltà e le violenze, Schiavon, insieme a Lorenzo Foco, Furio Silvestri e
Anacleto Gamba, riuscì a costituire un gruppo di militanti in grado di
presentare le liste del partito e di organizzare la propaganda per le elezioni
politiche del 6 aprile.
A Padova i
risultati furono molto positivi. I comunisti raccolsero il 5,1% dei voti in
provincia e il 10,2% in città. La lista nazionale fascista non raggiunse la
maggioranza assoluta in provincia (48,8%) e si fermò a un misero 30,7% nel
capoluogo. In Veneto il Pcd’I elesse due deputati: Antonio Gramsci e Iginio
Borin.
La clandestinità e l’attività contro il fascismo
Il 6 gennaio
del 1925 il prefetto di Padova, applicando le disposizioni nazionali, sciolse i
partiti antifascisti. Il partito comunista fu l’unica forza a mantenere una
presenza organizzata in modo clandestino e a svolgere una significativa
attività di opposizione al regime fascista. I principali esponenti degli altri
partiti antifascisti emigrarono all’estero da dove, in forme diverse, cercarono
di criticare il fascismo.
A Padova
furono arrestati o minacciati, intimiditi, controllati al punto da non
poter più operare in piena sicurezza, i dirigenti comunisti che si erano
esposti nella campagna elettorale del 1924 e il partito venne tenuto in vita da
un gruppo ristretto composto da Gildo Valisari, Emilio Sartorati, Luigi Giorio
e Alessandro Vittadello, con la collaborazione di Schiavon che era spesso
sottoposto ad arresti e fermi. In questo periodo Schiavon introdusse
l’abitudine di organizzare pranzi domenicali fuori città per parlare con altri
compagni senza destare sospetti. Nella notte del 29 aprile 1925, tre giovani
comunisti, Giovanni Zerbetto, Lorenzo Foco e Giovanni Battista Bertoli,
sfidarono le autorità fasciste e issarono una bandiera rossa su un traliccio
dei fili dell’alta tensione al Portello, luogo di passaggio per centinaia di
operai che lavoravano nelle fabbriche della zona della Stanga.
Scioglimento
e clandestinità determinarono la distruzione e la perdita della documentazione
interna del Pcd’I e quindi per ricostruire natura e caratteristiche del partito
padovano bisogna ricorrere al materiale del casellario politico centrale, dove
vennero raccolti tutti i dati sugli oppositori al fascismo.
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Tessera PCd’I 1923 |
Tra gli
schedati come comunisti 172 abitavano nel comune di Padova, 21 a Cadoneghe, 32
nei comuni della cintura urbana, 8 nella zona nord della provincia, 70 in
quella sud: tra questi 9 a Este, 8 a Codevigo, 7 a Monselice, 6 a Piove di
Sacco, 6 a Battaglia Terme, e 6 a Montagnana. Tra i residenti a Padova 16
abitavano a Voltabarozzo, 7 a Chiesanuova, 7 a Ponte di Brenta e 6 a Brusegana.
Le professioni dei 303 comunisti schedati consentono di ricostruire le
caratteristiche sociali del partito: 136 artigiani, in prevalenza falegnami,
barbieri, fonditori, elettricisti, fornai, 52 agricoltori, 30 operai (delle
aziende con più di 10 addetti), 21 dipendenti generici, 17 commercianti, 11
ferrovieri, 11 impiegati, un solo insegnante e 4 liberi professionisti.
I dati
indicano che il partito comunista si era diffuso soprattutto tra artigiani e
operai residenti nel comune capoluogo e nei comuni della cintura urbana.
Infatti il 73% di tutti gli operai dipendenti della provincia era occupato in
imprese con più di 10 addetti e in città si concentrava il 40% degli addetti
negli stabilimenti industriali. La presenza nella bassa era spiegata dal
ricorso alla conduzione agricola tramite bracciantato e da alcuni insediamenti
industriali a Battaglia, Este, Conselve e Pontelongo.
Con il
congresso di Lione nel 1926 il Pcd’I pose le basi per impostare una politica che si fondava sulla conciliazione tra classe e nazione,
sull’alleanza tra operai e contadini per mutare i caratteri originari dello
sviluppo nazionale. Venne elaborata l’idea del partito di tipo nuovo, costruito
attorno a quadri dirigenti e aperto alle masse, retto dal centralismo
democratico per evitare il frazionismo e le divisioni che avevano indebolito il
partito socialista.
Il partito
superò la visione estremista e settaria che aveva caratterizzato Bordiga e
avanzò una strategia rivoluzionaria basata sugli operai delle industrie del
nord e sul proletariato agricolo del sud. I protagonisti della svolta furono
Gramsci, Palmiro Togliatti, Mauro Scoccimarro, Camilla Ravera, Umberto
Terracini, Ruggero Grieco.
A livello
padovano il congresso di Lione venne preceduto dal congresso interregionale
delle Tre Venezie che si svolse a Cadoneghe presso l’abitazione della famiglia
Benetti nella notte tra il 31 dicembre 1925 e il I° gennaio 1926.
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Tessera PCd’I 1924 |
Il congresso
di Colonia nel 1931 decise di avviare un lavoro di propaganda nelle
associazioni fasciste per evitare di restare isolati dalle masse e per
sviluppare la critica e la lotta all’interno del regime. In questo periodo
l’attività clandestina del partito fu caratterizzata da volantinaggi,
diffusione di opuscoli, riunioni per cercare di mantenere contatti tra gli
iscritti. La repressione del regime fu durissima e i principali esponenti
comunisti furono arrestati e controllati in modo ossessivo anche dopo avere
scontato le pene.
La struttura
clandestina riuscì a sopravvivere grazia all’azione di un ristretto nucleo di
dirigenti coraggiosi e determinati: Giuseppe Schiavon, i fratelli Benetti,
Ettore Bortolami, Sebastiano Bertocco, Antonio Calore, Antonio Camporese,
Giulio Contin, Guido Farisato, Virgilio Ferraresso, Lorenzo Foco, Luigi Giorio,
Gustavo Levorin, Mario Moressi, Antonio Nicolé, Bruno Padoan, Attilio Pasquato,
Emilio Sartorati, i fratelli Savoldo, Luigi Scarmignan, Gino Sgarabottolo,
Gildo Valisari, Alessandro Vittadello, Urbano e Romeo Zanella, Giovanni
Zerbetto.
La svolta dei fronti popolari
Nel 1935
Togliatti tenne un “Corso sugli avversari” alla sezione italiana della Scuola
leninista di Mosca, una sorta di università per i comunisti stranieri. Il
Corso, noto anche come lezioni sul fascismo, in sintonia con la strategia dei
fronti popolari dell’Internazionale comunista, avviò la riflessione per
avvicinare i giovani cresciuti sotto il regime ed elaborò la proposta di
democrazia progressiva per introdurre elementi di socialismo in una società
democratica. Dall’analisi di Togliatti sulla natura del fascismo e sulle
caratteristiche della società italiana venne elaborata la strategia di portare
l’attività del partito comunista all’interno delle organizzazioni fasciste.
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Tessera PCd’I 1925 |
A Padova la nuova strategia di Togliatti consentì al Partito, grazie soprattutto all’iniziativa di Leone Turra e di Eugenio Curiel, di allacciare rapporti con giovani studenti e professori universitari: Stefano Velo, Ettore Luccini, Atto Braun, Tono Zancanaro, Guido Goldschmied, Renato Mieli, Ettore Pancini, Concetto Marchesi.
Curiel, unico
a Padova ad avere contatti con la direzione nazionale, in particolare con
Ambrogio Donini, Emilio Sereni e Ruggero Grieco, si fece affidare la redazione
della pagina sindacale de “Il Bo”, il giornale universitario, e dall’agosto del
1937 all’agosto del 1938 scrisse 53 articoli.
Curiel e
Luccini parteciparono ai Littoriali con l’obiettivo di entrare in contatto con
le organizzazioni fasciste per fare emergere le contraddizioni interne al
regime. Nel novembre del 1938 Curiel, ebreo, venne colpito dalle leggi razziali
e fu espulso dall’insegnamento universitario e in seguito fu arrestato e
deportato al confino. Dopo l’8 settembre partecipò alla Resistenza come
dirigente del Fronte della gioventù e fu assassinato a Milano dai nazifascisti
nel febbraio del 1945.
Nel 1936
arrivò nel carcere di Padova il detenuto Aronne Molinari. Egli era stato un
militante degli Arditi del popolo e del partito comunista di Parma,
partecipando alle giornate dell’agosto del 1922 quando antifascisti armati
impedirono ai fascisti di saccheggiare la città. Molinari, condannato a 6 anni
e 6 mesi di carcere nel 1934, scontò l’ultima parte della pena a Padova e qui
entrò in relazione con la locale struttura del partito tramite Giovanni
Zerbetto che in qualità di elettricista lavorava nelle strutture carcerarie.
La nuova
linea dei fronti popolari elaborata dall’Internazionale comunista e la
strategia di apertura e confronto con i giovani critici verso il regime
trovarono un banco di prova importantissimo in Spagna. Infatti la lotta contro
il fascismo cambiò caratteristiche con lo scoppio della guerra civile spagnola.
Numerosi comunisti
padovani combatterono in Spagna con le brigate internazionali contro il
fascismo, tra questi Angelo Menegazzo, fondatore del partito e morto in
combattimento, Gildo Belfiore, Luciano Penello, commissario politico e ferito
più volte, Beniamino Rossetto, Manlio Silvestri, ferito in battaglia. Virginio
Benetti e Giulio Contin cercarono di raggiungere le brigate internazionali ma
furono arrestati in Francia perché la guerra era finita.
Nel 1938 il
partito di Padova si organizzò attorno a un gruppo dirigente stabile, chiamato
troika, formato da Lorenzo Foco, Anselmo Benetti e Gustavo Levorin.
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T. Zancanaro, "Veniamo da lontano. Andiamo lontano", litografia a colori, (collez. C.S.E.L.) |
Nei mesi successivi, con il crollo del regime fascista e l’inizio del governo guidato da Pietro Badoglio, il Pci riuscì a mobilitare tra il 25 luglio e l’8 settembre i circa 7 mila iscritti che tornarono in azione dopo anni di carcere, esilio e confino. Questi militanti avevano caratteristiche che li resero in grado di organizzare la Resistenza contro fascisti e tedeschi: conoscenze di tecniche militari apprese nell’emigrazione o durante la guerra civile spagnola; fedeltà assoluta verso il partito; diffidenza per spontaneismo e improvvisazione; abilità nell’attività clandestina; legame solido con l’Urss. Il Pci inquadrò circa 100 mila partigiani dando un contributo fondamentale alla Resistenza.
A Padova il
Pci iniziò a organizzare le prime formazioni armate nell’agosto del 1943
raccogliendo armi, esplosivi, munizioni, materiale militare, ricostruendo
contatti logistici e operativi, reclutando persone disponibili a combattere
contro i fascisti e i nazisti.
Il lavoro del
partito produsse i primi effetti a Padova dopo la caduta del regime e l’arresto
di Mussolini. Il 26 luglio del 1943 ci fu una manifestazione contro il fascismo
e per la libertà. Subito dopo vennero arrestati diversi giovani comunisti che
avevano promosso la mobilitazione antifascista: Giovanni Nalesso, Ettore e
Vladimiro Bertocco, Gastone Passi, Loris Gritti, Dario Resini e Cesare Milani.
Questo gruppo di ragazzi, che indica una presenza abbastanza significativa del
partito, venne detenuto al carcere di via Paolotti, poi fu portato a Trieste,
dove il 10 settembre fu liberato da un gruppo di partigiani locali prima
dell’arrivo dei tedeschi.
Lorenzo Foco venne inviato in Alto Adige per costruire i primi nuclei partigiani e venne sostituito da Leone Turra alla guida del partito padovano. Ai militanti più anziani, come Schiavon, Zerbetto, i fratelli Benetti, Levorin, Aronne Molinari, si unirono i reduci della guerra civile spagnola, alcuni giovani studenti, come Franco Busetto, Andrea Redetti, Gastone Passi, e il gruppo di docenti universitari cresciuto con Curiel e Marchesi.
Numerosi comunisti padovani combatterono in Spagna con le brigate internazionali contro il fascismo, tra questi Angelo Menegazzo, fondatore del partito e morto in combattimento, Gildo Belfiore, Luciano Penello, commissario politico e ferito più volte, Beniamino Rossetto, Manlio Silvestri, ferito in battaglia. Virginio Benetti e Giulio Contin cercarono di raggiungere le brigate internazionali ma furono arrestati in Francia perché la guerra era finita.
Nel 1938 il partito di Padova si organizzò attorno a un gruppo dirigente stabile, chiamato troika, formato da Lorenzo Foco, Anselmo Benetti e Gustavo Levorin.
Nel maggio del 1943 venne sciolta la Terza Internazionale e il Pcd’I cambiò nome in Partito Comunista Italiano, non più sezione dell’Internazionale.
Nei mesi successivi, con il crollo del regime fascista e l’inizio del governo guidato da Pietro Badoglio, il Pci riuscì a mobilitare tra il 25 luglio e l’8 settembre i circa 7 mila iscritti che tornarono in azione dopo anni di carcere, esilio e confino. Questi militanti avevano caratteristiche che li resero in grado di organizzare la Resistenza contro fascisti e tedeschi: conoscenze di tecniche militari apprese nell’emigrazione o durante la guerra civile spagnola; fedeltà assoluta verso il partito; diffidenza per spontaneismo e improvvisazione; abilità nell’attività clandestina; legame solido con l’Urss. Il Pci inquadrò circa 100 mila partigiani dando un contributo fondamentale alla Resistenza.
A Padova il Pci iniziò a organizzare le prime formazioni armate nell’agosto del 1943 raccogliendo armi, esplosivi, munizioni, materiale militare, ricostruendo contatti logistici e operativi, reclutando persone disponibili a combattere contro i fascisti e i nazisti.
Il lavoro del partito produsse i primi effetti a Padova dopo la caduta del regime e l’arresto di Mussolini. Il 26 luglio del 1943 ci fu una manifestazione contro il fascismo e per la libertà. Subito dopo vennero arrestati diversi giovani comunisti che avevano promosso la mobilitazione antifascista: Giovanni Nalesso, Ettore e Vladimiro Bertocco, Gastone Passi, Loris Gritti, Dario Resini e Cesare Milani. Questo gruppo di ragazzi, che indica una presenza abbastanza significativa del partito, venne detenuto al carcere di via Paolotti, poi fu portato a Trieste, dove il 10 settembre fu liberato da un gruppo di partigiani locali prima dell’arrivo dei tedeschi.
Lorenzo Foco venne inviato in Alto Adige per costruire i primi nuclei partigiani e venne sostituito da Leone Turra alla guida del partito padovano. Ai militanti più anziani, come Schiavon, Zerbetto, i fratelli Benetti, Levorin, Aronne Molinari, si unirono i reduci della guerra civile spagnola, alcuni giovani studenti, come Franco Busetto, Andrea Redetti, Gastone Passi, e il gruppo di docenti universitari cresciuto con Curiel e Marchesi.
( Testo di A. Nacccarato)
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