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Speranze e illusioni
Tessera Pci 1945 |
Dopo la
Liberazione furono nominati diversi sindaci del Pci: Schiavon a Padova, Rosario
Scianna ad Abano Terme, Riccardo Pistore a Battaglia Terme. Romeo Zanella a
Cadoneghe, Giuseppe Doralice a Castelbaldo, Primo Mori a Montegrotto Terme,
Antonio Moretto a Noventa Padovana.
La prima sede
della federazione provinciale comunista venne collocata in via Santa Chiara,
vicino all’istituto Calvi; nei mesi successivi venne spostata in via Umberto I.
Il segretario
Gombi venne inviato in Emilia Romagna e fu sostituito da Amerigo Clocchiatti,
dirigente partigiano nel bellunese e in Lombardia.
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Tessera Pci 1970 |
A Padova dopo
la Liberazione la spinta unitaria si affievolì e il Pci tornò a una chiusura
settaria e autoreferenziale, causata soprattutto dalla situazione generale di
isolamento e di ostilità provocata dall’atteggiamento della Dc e delle
gerarchie ecclesiastiche. La segreteria di Amerigo Clocchiatti non fu in grado
di raccogliere le energie emerse durante la Resistenza e mostrò i limiti di
un’impostazione condizionata dai comportamenti e dalle pratiche diffuse durante
la clandestinità e inadeguate alla nascente democrazia. Il partito di massa
proposto da Togliatti non si realizzò ed emersero divisioni e scontri nel
gruppo dirigente anche nella scelta degli assetti istituzionali e interni.
Il 24 marzo
del 1946 ci furono le prime elezioni amministrative e le sinistre vinsero in 31
comuni, tutti concentrati nella zona a sud della provincia, con l’eccezione di
Abano Terme, Cadoneghe, Montegrotto, Noventa e Padova, dove il socialista
Gastone Costa sostituì Schiavon come sindaco. In città la Dc fu il primo
partito con 31.964 voti, seguita dal Pci con 19.605 e dal Psi con 14.558. Le
sinistre conquistarono la maggioranza relativa e diedero vita a una giunta
unitaria con le altre forze antifasciste.
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Gianni Longinotti, "Le lavoratrici", carboncino (collez. privata) |
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Carraro, "Manifestazione", litografia |
Nel maggio
del 1947, dopo una lunga crisi, comunisti e socialisti furono esclusi dal
governo nazionale. A Padova poche settimane prima i socialdemocratici avevano
sfiduciato il sindaco socialista Costa e al suo posto venne eletto il
democristiano Cesare Crescente, che inaugurò la lunga stagione del centrismo e
dell’egemonia Dc.
Nell’estate
del 1947 le lotte dei braccianti agricoli, dopo avere migliorato la meanda, il
contratto che consentiva al lavoratore stagionale il minimo vitale per
sopravvivere in inverno, raggiunsero l’importante obiettivo dell’imponibile di
manodopera che stabilì il principio della massima occupazione in agricoltura.
Il Pci sostenne con forza le rivendicazioni dei braccianti che erano ostacolati
in tutti i modi dai proprietari terrieri. Gli agrari spesso utilizzarono
squadre armate per colpire i braccianti e furono appoggiati dalla Dc e dai
piccoli imprenditori agricoli che temevano un ritorno alla situazione degli
anni ’20.
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Alberto Gianquinto, "Il Paniere", olio su tela (collez. privata) |
La sconfitta del 1948 e l’anticomunismo
Nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 il Fronte popolare, formato da Pci e Psi, fu nettamente sconfitto dalla Dc. A Padova il Fronte si fermò al 21,9% e la Dc raggiunse il 65,5%. In molti comuni dell’Alta padovana la Dc superò l’85% e il Fronte al 4-5%. Per i comunisti la sconfitta fu un trauma che aumentò settarismo e isolamento.
Il 14 luglio del 1948 a Roma, all’uscita dalla Camera dei deputati, Togliatti venne colpito da un attentato. Appena si diffuse la notizia a Padova, come in molte altre città, ci furono manifestazioni di protesta e venne indetto lo sciopero generale. Il giorno dopo Padova e i centri maggiori della provincia furono paralizzati dallo sciopero, molte fabbriche furono occupate dagli operai, ci furono blocchi stradali, vennero assaltate e danneggiate le sedi dei giornali di destra e del partito liberale.
Dopo la
sconfitta elettorale e l’attentato a Togliatti il Pci attivò una mobilitazione
costante e capillare, ottimizzando le doti operative dei quadri formati nella
clandestinità e nella Resistenza e organizzò masse di operai e contadini che
volevano cambiare gli assetti sociali. Questa strategia determinò la crescita
del partito in alcune aree del Paese, come Emilia Romagna, Toscana, Umbria,
Liguria.
In Veneto e a
Padova il Pci restò isolato e non riuscì a diventare un partito di massa. La
rappresentanza sociale era limitata agli operai delle aziende più grandi e ai
braccianti agricoli dei latifondi presenti nella zona meridionale della
regione.
Punti di
forza dell’organizzazione comunista furono l’unità e la compattezza interna,
costruite attraverso il metodo del centralismo democratico, un processo
decisionale dall’alto verso il basso: ogni iscritto poteva discutere ed
esprimere l’eventuale dissenso solo negli organismi di partito, poi si doveva
adeguare alle decisioni ufficiali degli organismi dirigenti. Tale metodo fu
rafforzato dall’autorevolezza di gruppi dirigenti che si erano formati nella
lotta clandestina al fascismo e nella guerra partigiana.
A Padova
l’isolamento e il settarismo del partito provocarono divisioni e scontri nei
gruppi dirigenti, in particolare tra i quadri più giovani, vicini al segretario
Gaddi, e i vecchi militanti del periodo clandestino e della Resistenza. Diversi
dirigenti furono emarginati ed espulsi dal partito. Intanto venne rifondata la
Federazione giovanile attorno alla figura di Cesare Milani. Egli riuscì a
coinvolgere un gruppo di giovani operai e artigiani molto motivati che
risultarono determinanti per rilanciare le attività del partito in città e in
provincia.
Nel novembre
del 1951 Franco Busetto venne eletto segretario provinciale e cercò di
completare il rinnovamento dei gruppi dirigenti e di far uscire il partito
dall’isolamento aprendolo alla società.
Nel 1953 la
nuova segreteria, composta da Busetto, Camuffo, Tognon, Cesare Milani, Benetti
e Alberto Cassol, si impegnò a fondo nella battaglia contro la “legge truffa”.
La Dc vinse le elezioni ma non superò il 50% dei voti e così non ottenne il 65%
dei seggi.
Nel marzo del
1954 si svolse l’VIII congresso provinciale e ci fu un cambiamento
significativo dei gruppi dirigenti con l’ingresso nel comitato federale di
giovani quadri operai, come Bruno Bertin di Battaglia Terme, Nicola Migliorini
di Cadoneghe, Mario Zaggia di Padova, e giovani quadri contadini, come Ennio
Caccin di Villanova di Camposampiero, Bruno Lazzarin di Bagnoli, e il
rinnovamento della segreteria con l’ingresso di Emilio Pegoraro, Paolo
Pannocchia e Lidia Scanferla.
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Renato Guttuso, "il 1° maggio", disegno, (collez. privata) |
Il vescovo
Bortignon e il parroco di Pozzonovo accusarono i comunisti di insegnare ai
bambini a bestemmiare, a odiare la religione, ad avere rapporti sessuali nella
sede della sezione del Pci. Il conseguente processo penale diventò un caso di
rilevo nazionale che vide coinvolti come testimoni Concetto Marchesi e Umberto
Terracini. Le accuse risultarono infondate e l’anticomunismo viscerale di una
parte del mondo cattolico e della Dc subirono una battuta d’arresto.
Nell’ottobre
del 1955 si svolse il I convegno provinciale delle donne comuniste padovane con
100 delegate. Luciana Zerbetto, responsabile femminile, nella relazione
descrisse la situazione di 4 mila donne iscritte al Pci e mille ragazze
iscritte alla Fgci e spiegò l’importanza del lavoro delle donne per cambiare la
società.
Nel 1956 il
XX congresso del Pcus, le accuse contro Stalin e la sua gestione del potere e
l’invasione sovietica dell’Ungheria fecero esplodere la crisi del movimento
comunista: in un anno il Pci perse il 10% degli iscritti, e la Fgci addirittura
il 30%. L’VIII congresso nazionale reagì alla crisi con un forte ricambio dei
gruppi dirigenti e il rafforzamento della linea della via italiana al
socialismo. I nuovi entrati nel comitato centrale furono il 56,4%. Si
affermarono la difesa della Costituzione, il pluripartitismo, il rifiuto della
rottura rivoluzionaria, il mantenimento di forme di proprietà privata, le vie
nazionali al socialismo, il policentrismo. Questa impostazione fu ribadita da
Togliatti nel Memoriale di Yalta, il suo testamento politico, pubblicato dopo
la morte nel 1964.
A Padova l’VIII congresso nazionale, preparato dal IX congresso provinciale, non produsse cambiamenti nei gruppi dirigenti: il comitato federale venne ridotto da 68 a 40 membri e non ci furono nuovi ingressi.
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Gianni Longinotti, "La fabbrica", monotipo (collez. privata) |
Nel 1958 il
Pci di Padova costituì una società per azioni, la Saiv, per assicurare
autonomia finanziaria e maggiori opportunità economiche alla federazione. In
pochi anni, grazie alla gestione di Milani, con la collaborazione di Antonio
Tognon, Albano Boldrin, Alessandro Vittadello, Dino Beghin, Erminio Loreggian,
la società diventò una delle principali fonti di sostegno per le attività
politiche del partito.
Estremismo e massimalismo
Nel 1958
Busetto venne eletto deputato e fu sostituito alla guida della federazione da
Pietro Cortellazzo. Il nuovo segretario, legato alle logiche sindacali e a un’impostazione
massimalista, promosse quadri contrari alla linea nazionale del partito e
chiuse il circolo culturale il Pozzetto, esperienza originale, nata con il
contributo decisivo di Ettore Luccini con l’obiettivo di estendere l’azione del
partito tra gli intellettuali e nel mondo della scuola e dell’università.
Nei congressi
provinciali del 1959 e del 1960 Cortellazzo modificò i gruppi dirigenti e
l’impostazione politica della federazione. Furono accentuate le posizioni
estremiste e settarie presenti in alcuni settori del sindacato e in ristretti
ambienti intellettuali ostili alla linea della democrazia progressiva elaborata
da Togliatti.
Nel 1962, in occasione
del dibattito sulle tesi per il X congresso nazionale, il segretario favorì le
accuse di revisionismo contro Togliatti, che si raccolsero attorno alla
pubblicazione Viva il leninismo, e le divisioni interne che paralizzarono per
anni la federazione.
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Armando Pizzinato, "Lavoratore", olio su tela (collez. privata) |
Il 28
febbraio del 1965, per il ventennale dell’assassinio di Curiel, a Padova il Pci
organizzò una imponente manifestazione nazionale con il segretario Luigi Longo.
Nel novembre
del 1967, in occasione del 60° anniversario della rivoluzione d’ottobre, venne
inaugurata la nuova sede provinciale di via Beato Pellegrino.
Le mobilitazioni operaie e studentesche e la ricostruzione del
gruppo dirigente
A livello
nazionale e locale la fase discendente del Pci si fermò nel 1968, quando,
sull’onda della mobilitazione operaia e studentesca, il partito iniziò una rapida
ascesa elettorale, andando al governo di moltissimi comuni, province e regioni
tra il 1970 e il 1975, e raccogliendo nelle elezioni politiche del 1976
12.614.650 voti, pari al 34,4%, che rappresentò il massimo risultato ottenuto
nella sua storia. Le rivendicazioni degli operai delle generazioni più giovani,
organizzate e sostenute dal sindacato e dal Pci, conquistarono nel 1970 lo
Statuto dei lavoratori, aumenti salariali e nuovi diritti nelle fabbriche. L’ingresso
di una nuova generazione di militanti e i successi elettorali determinarono un
cambiamento profondo nella composizione sociale e nella cultura politica
comunista.
Alla fine
degli anni ’60 iniziò a manifestarsi anche a Padova la strategia eversiva
dell’estrema destra neofascista, particolarmente radicata in città e in Veneto.
Dopo diversi attentati contro il questore, il tribunale e il rettorato, il 15
aprile 1969 si svolse a Padova la riunione segreta che diede il via
all’offensiva terroristica sfociata nella strage di Piazza Fontana a Milano.
Alla fine del
1966 anche a Padova, come nel resto del Paese, si svilupparono movimenti
politici che mobilitarono numerosi giovani sui temi della pace, dell’università
e della scuola. Nel 1967 ci furono diversi scioperi nelle scuole e aumentò il
ruolo della Fgci. Nel dicembre del 1967 in diverse università italiane si
estese la protesta contro la proposta di legge di riforma presentata dal
ministro padovano della pubblica istruzione Luigi Gui. All’inizio del mese a
Padova vennero occupate le facoltà universitarie di Fisica, Lettere e
filosofia, Magistero e Scienze politiche. Le occupazioni proseguirono per larga
parte del 1968.
Nel gennaio
del 1969 il congresso provinciale evidenziò il ruolo della nuova generazione
che stava promuovendo una stagione di lotte e rivendicazioni sociali e modificò
i gruppi dirigenti con l’ingresso di giovani operai e studenti come Elio
Armano, Eugenio Girardi, Franco Longo, Lino Zancanaro. Antonio Papalia venne
eletto segretario al posto di Pannocchia.
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Bandiera sezione Torre, anni '40, (collez. privata) |
Nel 1970
nacquero le Regioni e si votò per il Consiglio regionale. Nella lista comunista
a Padova furono eletti Fulvio Palopoli e Rosetta Molinari, prima donna a
diventare consigliera regionale in Veneto, che interpretò il ruolo crescente
assunto dal movimento femminile nelle mobilitazioni sociali.
In questo
periodo il Pci, grazie soprattutto all’attività di Armano, Longo e Girardi,
ricostruì una presenza nelle principali fabbriche della provincia, e organizzò
importanti iniziative contro l’imperialismo americano in Vietnam, in Cile e nei
paesi africani e del centro America, mobilitando molti giovani lavoratori e
studenti. Il partito aprì un dialogo costante con il mondo cattolico, uscendo
dall’isolamento precedente, e aumentando il numero di iscritti e di voti. Anche
la Fgci registrò una crescita consistente di adesioni coinvolgendo molte
ragazze e ragazzi.
In provincia
di Padova dal 1970 al 1972 le feste de l’Unità passarono da 36 a 63 e le sedi
di proprietà del Pci aumentarono da 33 a 46.
(Testi di A. Naccarato)
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